Rassegna Stampa

L’INFERNO DI DANTE ILLUSTRATO – Vitoronzo Pastore

L’inferno di Dante illustrato con cartoline inizio 1900

Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. (V)

Ed elli a me, come persona accorta: «Qui si convien lasciare ogne sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta. (III)

Ahi quanto mi parea pien di disdegno! Venne a la porta e con una verghetta l’aperse, che non v’ebbe alcun ritegno. (IX)

Ambo le man per lo dolor mi morsi; ed ei, pensando ch’io ’l fessi per voglia di manicar, di subito levorsi. (XXXIII)

La bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante. (V)

Senza riposo mai era la tresca de le misere mani, or quindi or quinci scotendo da sé l’arsura fresca. (XIV)

Ond’ io a lui: «Lo strazio e ‘l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso, tal orazion fa far nel nostro tempio. (X)

Io e’ compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta dov’Ercule segnò li suoi riguardi. (XXVI)

Lo Duca ed io per quel cammino ascoso entrammo a ritornar nel chiaro mondo. E senza cura aver d’alcuno riposo salimmo su… (Canto ultimo)

Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume? Risposi  lui con vergognosa Fronte. (I)

E donna mi chiamò beata e bella, tal che di comandare io la richiesi, Lucevan gli occhi suoi più che la stella. (II)

Io cominciai: O frati, i vostri mali…; ma più non dissi; ch’a l’occhio mi corse un, crocifisso in terra con tre pali. (XXIII)

 Lo imperador del doloroso regno da mezzo ’l petto uscìa fuor de la ghiaccia; e più con un gigante io mi convegno. (XXXIV)

Caron dimonio, con occhi di bragia, loro accennando, tutte le raccoglie; batte col remo qualunque s’adagia. (III)

Poi si rivolse a quell’enfiata labbia, e disse: Taci, maladetto lupo! consuma dentro te con la tua rabbia. (VII)

Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta, una lonza leggiera e presta molto, che di pel maculato era coperta. (I)

Vede qual loco d’inferno è da essa; cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa. (V)

Cartoline, archivio privato dell’Autore

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