Associazione Nazionale Combattenti e Reduci - Sezione di Casamassima

I MEDICI PSICHIATRI COMPLICI DELL’ORRORE

I MEDICI PSICHIATRI COMPLICI DELL’ORRORE

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  • 15/04/2017 10:30
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 di Claudio Mencacci (presidente Società italiana di Psichiatria)

Ci sono voluti 79 anni affinchè la Società italiana di Psichiatria, che rappresento come presidente, abbandonasse questa “rimozione” del passato, il non affrontare quanto accadde e questo lo devo all’amico Andreas Conca di Bolzano, che nel luglio 2015 mi parlò del progetto dei colleghi e amici tedeschi e austriaci e della loro opera di affrontare alla radice il passato affinché nessuna ombra fosse lasciata negli armadi della dimenticanza, nell’oblio storico. Ci siamo messi in cammino con loro affinché potesse essere interrotta l’opera di rimozione per la quale le Società scientifiche non raccontano quanto accadde. La Sip in quegli anni collaborò con il regime fascista. Gli psichiatri in quegli anni pur contrastando, nei consessi internazionali, le teorie eugenetiche più radicali, condivisero il quadruplice errore di:
– aderire al fascismo
– aderire al razzismo coloniale
– aderire all’antisemitismo
– aderire alla guerra fascista

Sotto il fascismo gli psichiatri si resero collusivi con il disprezzo dell’essere umano.

Le Leggi razziali emanate dal 1936 al ’38, prima contro i sudditi dell’impero poi contro gli Ebrei, dal 25 luglio Manifesto degli Scienziati razzisti, dove il presidente di allora Arturo Donaggio e tutto il Consiglio direttivo furono i primi firmatari di quelle scellerate Leggi che costarono la vita a molte persone, ma noi qui ricorderemo lo psichiatra ebreo Giuseppe Muggia assassinato a Aushwitz e a Guglielmo Lippi Francesconi fucilato per aver dato rifugio a molti ebrei e antifascisti e Gustavo Modena allora vice presidente Sip costretto per anni alla clandestinità.

Le vicende della psichiatria in quegli anni è uno dei capitoli bui. Si lasciò corrompere e invece di curare ha discriminato, perdemmo la consapevolezza dei nostri obblighi verso la dignità, verso gli individui, di qualunque etnia facessero parte.

Perché tanto tempo per trovare il coraggio di guardare in faccia questa realtà? Da un lato siamo orgogliosi della nostra Società scientifica che con un secolo e mezzo di esistenza è tra le più antiche di Europa, dall’altro abbiamantiche ad adesso scotomizzato e negato il nostro passato, non accettiamo più l’opportunismo politico e la strumentalizzazione del tacere e dell’oblio.

La partecipazione alla mostra con una specifica sezione Malati, manicomi e psichiatri in Italia dal ventennio fascista alla seconda guerra mondiale, sono il segno tangibile della nostra volontà di chiedere ammenda alle vittime – di essere al loro fianco, di accettare il nostro passato e trarre insegnamento da esso affinchè non si ripeta.

Di quanto è accaduto ci vergogniamo profondamente.

Chiediamo ammenda e ci scusiamo per aver aderito a ideologie che calpestano la dignità dell’uomo giudicandolo sul suo valore della vita,ci scusiamo con la Comunità Ebraica, ci scusiamo per aver contribuito alla stigmatizzazione della nostra disciplina, condanniamo i comportamenti e le scelte dell’allora Presidente Arturo Donaggio e dei membri del Consiglio direttivo.

Paranoia e autoritarismi: una Mostra per non dimenticare. Ricordare, abbandonare la rimozione su quanto avvenne e sulle scellerate e drammatiche conseguenze per moltissime persone, far conoscere le atrocità commesse, è fondamentale per capire il mondo di oggi con tutti i suoi drammi, conflitti, tragedie e intolleranze nei confronti dell’altro.

È fondamentale riconoscere l’attualità di questi temi e la necessità di tutelare le persone in difficoltà.

Le Società di psichiatria italiana e tedesca vogliono, in un momento storico in cui emergono nuovamente i pregiudizi sulle persone, ricordare che dalle ceneri del secolo scorso emerse un ideale di pace chiamato Europa e vogliono contribuire a essere una delle anime di questo ideale che non è realizzabile senza il rispetto dei diritti e della dignità umana.

Oggi come ieri, domani come allora, una nuova “tempesta perfetta” si addensa all’orizzonte perché viviamo tempi di incertezza e paura. Il sentimento prevalente è una pervasiva sensazione di allarme di fronte a minacce vaghe, difficili da afferrare e combattere, che minano innanzitutto la coesione fra individui. Di fronte alla violenza che cresce, i legami sociali si indeboliscono, aumentano isolamento e rifiuto del dialogo, ma anche diffidenza e sospetti: basta poco per percepire l’altro come nemico e la paura che si diffonde può diventare una risorsa per la demagogia, oltre che benzina per la paranoia.

Questo disturbo porta ad attribuire significati dove non ne esistono e a considerare pericolose persone o situazioni che non lo sono: tutto ciò in una percentuale limitata di casi diventa malattia, ma in forma meno acuta è un problema molto diffuso. Il disturbo di personalità paranoideo riguarda infatti dal 2 al 4% della popolazione, un ampio bacino di cittadini particolarmente fragili di fronte a condizioni storiche particolari come le attuali, non troppo dissimili da quelle in cui, in passato, intere collettività sono state spinte da capi carismatici a individuare il pericolo in gruppi di soggetti identificati come l’origine dei problemi.

Quando scatta il meccanismo della paranoia possiamo compiere qualunque azione contro il bersaglio perché viene meno il senso di colpa e qualsiasi possibilità di empatia, perché l’altro non è più un nostro simile, ma il nemico, la causa delle nostre sofferenze. La follia lucida della paranoia, che non è un male in sé ma può generare il male, nel corso della storia ha massacrato e annientato più uomini e donne delle epidemie di peste: è successo quando si è trasformata da personale a collettiva, sulla spinta di leader capaci di un linguaggio seducente, di incarnare il desiderio di rivincita e di richiamare all’orgoglio un popolo che si trova sull’orlo della protesta sociale, reso vulnerabile dalle condizioni economiche.

Il clima sociale disgregato attuale insinua violenza, aumenta l’aggressività dei singoli e la paranoia può così manifestarsi anche in soggetti normali che non sembrano perversi o sadici, ma sono persone anonime, povere di idee, addirittura banali come direbbe Hannah Arendt.

Oggi, come alle soglie della seconda guerra mondiale, la paranoia si sta insinuando nella vita di molti popoli, anche in Europa e negli Stati Uniti e, con forme e toni diversi, in modo più subdolo, continua a fare la storia: la diffidenza, le accuse, la negazione del dialogo e la proiezione sistematica sull’altro della responsabilità dei programmi disattesi dimostrano che nel tessuto della nostra società ci sono venature paranoiche. E mentre Europa e Stati Uniti rimandano le cause di tutti i problemi a fattori sociali, economici, finanziari, migratori non ci si accorge che all’origine di tutto c’è sempre l’uomo, che dimentica di quali errori sia capace. Purtroppo bastano appena quattro generazioni perché tutto venga dimenticato, perché le posizioni razziste e stigmatizzanti di 79 anni fa siano considerate “lontane, irripetibili”. La “febbre” sta salendo nel mondo, Il senso di solidarietà sociale si è perso ed è forte il desiderio di “uomini soli al comando” che possano scacciare le tante paure che oggi ci attanagliano. Tutto questo è un pericolo per le nostre società, perché dimentichiamo quanto sia veloce il passaggio dove la demagogia sostituisce l’argomentazione e una politica autoritaria la democrazia.

L’esposizione a Roma vuole essere un momento per riflettere su tutto ciò, per riconoscere nella tutela dei diritti dell’uomo un valore fondante della società e per sottolineare con forza che oggi la psichiatria non è più subalterna al potere politico. Con la grande svolta del 1978 è iniziato il riscatto, facendo del rispetto e della dignità del malato il motivo della sua pratica clinica. La recente chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari rappresenta un’ulteriore conquista in questo senso, il prossimo obiettivo è un potenziamento della assistenza psichiatrica nelle carceri e ottenere un finanziamento per la salute mentale pari ad almeno il 6% del fondo sanitario nazionale.

Mai più dovrà accadere una cosa così grave e una dissennata offesa all’essere umano e una così drammatica violazione di ogni etica scientifica e professionale da parte di chi si deve prendere cura delle persone.

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